Italo Valenti. Elogio della leggerezza.
a cura di Elena Pontiggia
È singolare che un’epoca come la nostra, che proclama di amare la leggerezza e in cui tutto aspira (anche troppo) ad essere light e soft; un’epoca in cui Calvino ha potuto scrivere un Elogio della leggerezza e Kundera parlare di una insostenibile leggerezza dell’essere, non abbia ancora ricordato a sufficienza, o comunque abbia ricordato meno di quanto avrebbe dovuto, l’opera di Italo Valenti, che di un’arte lieve e leggera è uno dei maestri. Nelle sue opere Valenti ha proceduto per via di levare, giungendo a un’essenzialità che richiama la filosofia zen, secondo la quale (come ripeteva Archipenko, cubista ucraino appassionato del pensiero orientale) “l’utilità della tazza dipende da ciò che non c’è” Nelle carte di Valenti troviamo qualche segno, qualche linea, qualche forma geometrica: niente altro. Accade nella sua pittura ciò che rivela la poesia di Emilv Dickinson: “Per fare un prato ci vogliono un trifoglio e un’ape. Un trifoglio, un’ape e il sogno. Basta il sogno, se le api sono poche”.