Resoconto dell’intervento di Simone Cornaro in occasione della preview della mostra presso la Fondazione Matasci per l’arte – “Il Deposito” – 11 ottobre 2025 – con Stefano Vassere, Direttore delle Biblioteche cantonali e Claudio Guarda, storico e critico d’arte
Da oggi fino alla fine di gennaio Mario Matasci ci accoglie in questo splendido spazio, dandoci l’opportunità, in occasione dei 30 anni dalla scomparsa di Italo Valenti, di dedicargli una piccola esposizione di sue opere significative.
Ho parlato di questo luogo chiamandolo spazio. Forse anche per Mario non è stato facile dargli un nome. Non so quando abbia coniato “Il Deposito”. Non poteva scegliere un termine migliore.
Mario ne ha fatto un luogo aperto, trasformando in maniera sobria ed elegante gli elementi preesistenti di questo stabile. È un luogo dove possono venir depositate, custodite, mostrate e condivise le cose a lui più care, per dare l’opportunità a tutti di fruirne.
È raro trovare un ambiente dove ogni opera, ogni oggetto, sia collocato nel proprio spazio, in una calma assoluta, dove ognuno può sviluppare un rapporto intimo con ciò che lo circonda.
“Là, tout n’est qu’ordre et beauté” avrebbe detto Charles Baudelaire se si fosse fermato da queste parti, nella sua “Invitation au voyage”.
E il Deposito diventa proprio un invito a condividere il viaggio che Mario ha compiuto nella sua vita di collezionista. Qui dà spazio alle bellezze dell’arte, non solo con artisti di grande fama, ma valorizzare gli artisti del territorio. Oltre a questo, nelle sue scelte dà visibilità e risalto anche alle espressioni artistiche più crude e violente dell’esistenza. Il suo senso critico di lealtà e di giustizia attraversa questo percorso con un equilibrio perfetto.
Ecco l’affinità alla quale mi sono appoggiata per scegliere il titolo di questa mostra, cioè L’ EQUILIBRIO. Sono felice che Mario, con l’entusiasmo che lo contraddistingue, abbia condiviso con il nostro Archivio la voglia di fare questa mostra per ricordare l’opera di Italo Valenti e la sua appartenenza, nella seconda parte della sua vita, al fiorente gruppo di artisti che, a partire dagli anni 60, ha contraddistinto Locarno e il Locarnese.
Con la sua opera Italo ha attraversato il ‘900.
Il primo periodo, quello vicentino negli anni ‘30-’40, è segnato dallo spirito giovanile e dalla frequentazione di una cerchia di amici, coetanei, letterati e pittori definiti dal poeta Antonio Barolini “Gaia gioventù”.
Negli anni ’40-50, dopo aver studiato e insegnato all’Accademia di Brera, è tra i fondatori del Movimento di Corrente a Milano, e allaccia scambi e rapporti con parecchi artisti e scrittori emergenti di quel tempo.
Verso la metà degli anni ’50 si trasferisce definitivamente a Locarno. Per lui sarà un distacco e un cambiamento radicale.
È entrando in contatto con il gruppo di artisti degli atelier di Remo Rossi (il suo grande amico locarnese), e soprattutto dopo aver instaurato un profondo legame con Jean Arp e con Ben Nicholson, che Italo ritrova una base solida nella sua pittura. Fa la conoscenza di Sergio Grandini, personalità dallo spirito aperto e curioso, con il quale da subito trova un’affinità intellettuale, amicizia che condivideranno per tutta la vita.
Ai sodalizi – vicentini e locarnesi – il Museo Casa Rusca di Locarno ha dedicato/ lo scorso anno una ricca esposizione intitolata appunto “Corrispondenze”, curata in modo Intelligente e vivace da Veronica Provenzale.
Italo è rimasto sempre fedele ai punti fondanti della sua arte, benché nei vari periodi della sua vita le sue forme espressive siano state diverse. Negli anni giovanili, si distanzia dalla cosiddetta “arte fascista” prendendosene anche gioco. Nella sua pittura troviamo elementi narrativi, allegorici e anche sentimentali con una continua ricerca cromatica molto personale e sempre riconoscibile.
La decisione di lasciare Milano segna per lui l’inizio di una seconda stagione. Una stagione difficile e turbolenta, che sconvolge non solo l’uomo. La tempesta e il caos irrompono anche nella sua pittura, dove tutto perde la propria struttura per ritornare all’informe. Ne è esempio il quadro Mondes del 1958 / della collezione Matasci, esposto qui al piano superiore.
Questo terremoto interiore gli consente però di ritrovare lentamente il cammino verso un nuovo universo ricomposto e ordinato.
Due parole sulle opere esposte






- Si inizia dal Funambolo, sospeso sulla fune mentre sta uscendo dal caos in un equilibrio nascente. (Tipografia Salvioni Bellinzona 175 anni)
- In seguito, troviamo il fascino dei racconti mitologici e dei filosofi antichi, frutto delle discussioni con gli amici Carlo Carena, Dante Isella e Giorgio Orelli. Sono raffigurati sia negli oli sia nei collages: ad esempio, Le retour de Thésée, Le bateau d’Ulysse, Pour Li Po.
- La vitalità e l’armonia della natura diventano preponderanti nella sua pittura, come lo dimostrano bene alcune opere: Natura viva, i paesaggi dell’Olanda, della Bretagna e della Camargue, oppure Il fiore rosso e Les Îles d’air.
- Nelle Mesures, gli elementi geometrici sono sovrapposti in equilibrio e quasi in sospensione. Nella scelta dei colori, le proporzioni si mescolano alle emozioni. “Mesure” significa dose, equilibrio, ma può essere interpretata anche come la battuta del tempo musicale, tema che Italo riprende spesso in dipinti come il “Liuto” qui esposto.
Nella stagione della sua “maturità” la pittura di Italo è diventata sempre più rarefatta, pura e pulita, composta da pochi elementi, sospesi in un costante equilibrio, quasi di A-gravitazione. La sua opera si è condensata in ritmo, ordine e sintassi.
Questo è il taglio che, con Mario Matasci, abbiamo voluto dare a questo omaggio.
Vorrei aggiungere ancora che l’opera di Italo non avrebbe potuto conoscere questi sviluppi senza l’appoggio e l’intelligente sostegno di mia madre e sua moglie Anne de Montet. Grazie a lei, ha condiviso amicizie letterarie e artistiche internazionali, avvicinandosi al mondo culturale d’Oltralpe e alla conoscenza di altre realtà espressive. A lei si devono anche il Catalogo ragionato dell’opera di Valenti e, non di minore importanza, le versioni poetiche di alcuni suoi dipinti.
In conclusione, sono molto grata a Stefano Vassere per la sua amichevole disponibilità ad accompagnarmi in questo omaggio e ringrazio sentitamente Claudio Guarda per il suo notevole contributo. Ma naturalmente la mia riconoscenza va in primis a Mario Matasci, coadiuvato nell’allestimento dal suo infaticabile collaboratore Valerio d’Amario. Questo anniversario viene celebrato anche attraverso il bel Quaderno (numero 47!!), che accompagna la visita dell’esposizione e ne custodisce il ricordo.
Grazie Mario, e buona visita!