2008 -Corrente, Le parole della vita. Opere 1930-1950

Palazzo Reale, Milano

Italo Valenti, I giovani greci, 1939, olio su tela , 40 × 50 cm
Collezione Giuseppe Iannaccone

Se Corrente è il luogo dove la vita incontra l’arte, la pittura di Italo Valenti rappresenta il luogo dove la poesia incontra la vita. Verso la fine degli anni trenta, è Valenti infatti a comporre delicate metafore oniriche, popolate di figure esili che depongono la loro materialità per diventare segni di una presenza magica. I suoi personaggi tentano puntualmente la fuga dai tempi storici, ma l’altrove a cui approdano è una sorta di isola che non c’è, come quella dell’Isola dei cani, uno dei dipinti di Valenti esposto alla seconda mostra di Corrente, nel 1939.
Joppolo l’anno dopo, sulle pagine di “Corrente”, sottolineava la presenza nelle opere dell’artista “di figure umiliate da forme e da colori sottili, l’incessante incalzare di persone che chiamano in aiuto un’atmosfera trasognata di colori perché si possano fisicamente staccare dal suolo ed essere portate in un volo che è senza ali. Come quello dei Giovani greci, che all’inquieto stare sulla riva aggiungono il volo di uno di loro. Un volo, però, che è più un precipitare senza speranza, la prova dell’impossibilità di fuga. Il rimando agli uomini rossi di Sassu è inevitabile. Un’altra volta la locuzione esistenziale è quella dell’attesa. Un’attesa su cui saetta quel volo inutile.
L’uomo albero non è solo il racconto del miracolo di una metamorfosi, l’atmosfera non è quella di tante altre opere dipinte da Valenti in quegli anni, dove il territorio dell’assurdo in cui si svolge la storia assegna un’assoluta normalità all’incredibile: come quando enormi barche di carta navigano un mare tempestoso. Qui l’evento dirompe nella realtà con la forza sconvolgente di un miracolo avvertito come tale: un miracolo che non ha giustificazioni fa-volistiche, ma si nutre dell’assurdo della storia. L’anno prima, nel 1937, Carlo e Nello Ros-selli erano stati assassinati e Valenti compone un’ allegoria magica: l’albero che cresce dalla morte dell’uomo è l’albero della libertà. L’orologio surreale, rotolato a terra, colloca la vicenda nel tempo della storia.

Da Pizziolo, Marina, Dobbiamo Parlare agli uomini le parole della vita in Corrente, Le parole della vita. Opere 1930-1950, Skira Editore, Ginevra-Milano, 2008, p.58