2012- Sassu e corrente 1930-43, la rivoluzione del colore

Chieti, Palazzo de’ Mayo

Valenti è tra i primi artisti, con Birolli e Badodi, ad avvicinarsi al movimento di Corrente so la rivita compare un suo disegno già nei pini numer (n. 3) il 1s maggio 1938. «La pittura di Migneco, di Badodi, di Valenti, che sono stati il primo gruppo di Corrente insieme a Birolli. ha carattere prevalentemente lirico con una speciale attenzione al colore» ricorda Treccani. Valenti espone poi alla due mostre del momento nel 1939 e alle collettive del giugno e del novembre 1941 alla Bottega, dove nel maggio 194I tiene anche una personale.
Appunto alla seconda mostra di Corrente presenta la misteriosa «isola dei cani»: un paesaggio lunare abitato solo da creature a quatto zampe in cui una bandierina presiede all’immensa distesa del colore. È una delle tante «lsole» che Valenta dipinge in questo periodo (al pazzi del solo, 1938, 1939, 1947;, «Le fanciulle dell’isola», 1939; «Il pazzo dell’isola», 1941: una terra in cui sono sospese le leggi del tempo e della logica, e in cui vivono solo bambini, cani, poeti folli, figure lontane dalla vita di tutti i giorni. L’1sola di Valenti sembra anticipare, cosi, il magico asteroide su cui abita, con l’unica compagnia di una rosa, il piccolo principe di Saint Exupéry (i romanzo esce nel 1943), ma evoca anche l’Isola che non c’è de Peter Pan di James Barrie. Nei suoi quadri, però, è un luogo di solitudine, perché la realtà quotidiana emargina i cani senza padrone, gli uomini i masti bambini, l’utopia. Da un punto di vista stilistico, comunque, «L’isola dei cani» è incentrata quasi esclusivamente sul colore. Il disegno semplificato ed elementare asseconda il dilagare sulla superficie della dominante rossa, riallacciandosi alla lezione di Matisse, filtrata attraverso Birolli.
La stessa semplificazione compositiva ritorna in «Gabbiani», dove tre giganteschi uccelli volteggiano su una fila di tronchi spogli. Il motivo lirico dell’opera consiste proprio nel rovesciarsi delle proporzioni naturalistiche e delle convenzioni: siamo abituati a pensare i gabbiani molto piccoli, sullo sfondo del cielo o del mare (così li dipinge Valenti stesso in altre composizioni), mentre qui li vediamo sulla terra, con le ali addirittura più vaste di alcuni alberi. Il gabbiano simboleggia la libertà: la capacità di sollevarsi al di sopra delle miserie contingenti e muovere verso altri orizzonti. E significativo, tra l’altro, che i gabbiani siano tre: un numero tradizionalmente legato all’armonia e alla perfezione, ma che qui diventa il nu mero dell’utopia. Anche quest’opera, comunque, rappresenta soprattutto una medicazione sul colore. Il dipinto è formato solo da due zone cromatiche contrapposte, innervate dalle verticali opache degli alberi e dagli arabeschi lucenti degli uccelli.
«Nudo in un interno» appartiene invece alla stagione in cui Valenti, come Treccani, Cassinari e altri artisti di Corrente, si avvicina alla pittura di Guttuso e, attraverso di lui, alle geometrizzazioni di Picasso.
Valenti aveva stretto amicizia con Guttuso alla metà degli anni trenta, quando il pittore siciliano abitava a Milano ed entrambi avevano lo studio ne seminterrati di via Guglielmo Pepe. Ne aveva poi visto più volte la mostra alla Barbaroux nel dicembre 1941. Anche per queste suggestioni, oltre che per la drammaticità delle circostanze storiche, dal I942 si avverte nelle opere di Valenti un mutamento: al lirismo e alla dimensione di sogno de gli anni precedenti subentra un realismo espresso in forme angolose, anche se qui l’asprezza picassiana e guttusiana risulta attenuata, addolcita. In «Nudo in un interno» la giovane donna che si avvicina alla stufa per riscaldarsi non ha alcun fascino sensuale, ma suggerisce una condizione di povertà e di solitudine. L’ambiente stesso, così provvisorio e inospitale, è altrettanto nudo del corpo femminile. Quando dipinge questa opera l’artista non vive più a Milano: negli anni della Repubblica di Salò lascia infine l’insegnamento all’Accademia di Brera e si trasferisce in Veneto con la moglie Angela Valdevit.

Pontiggia, Elena, Italo Valenti, in Sassu e corrente 1930-43, la rivoluzione del colore, 2012,Bologna, p.82